di Maurizio Tucci* e Carlo Buzzi **
Indagine condotta da Laboratorio Adolescenza e Istituto IARD[1]
Evitando di addentrarci in valutazioni sul livello di gravità e sulle conseguenze socio-economiche di COVID-19 nella nostra società, possiamo tuttavia chiederci come gli individui stiano vivendo questo periodo di grande incertezza.
Il fenomeno pandemico, entrando di prepotenza nella quotidianità, ha sconvolto, in poche settimane, il normale comportamento degli individui e delle famiglie. In una situazione di emergenza come l’attuale, che peraltro ha delle caratteristiche di unicità per tutti, non è facile immaginare come le nuove generazioni possano reagire. In particolare, per gli adolescenti di oggi – che vivono in un ambito sociale generalmente iperprotettivo – la reazione all’emergenza Coronavirus è un’incognita alla quale potremo dare risposta solo ex-post.
Proprio con l’obiettivo di fornire un contributo a questa analisi, è stata condotta una indagine – in tempo reale – tesa a rilevare gli effetti psico-sociali indotti dalla diffusione di COVID-19 e dalle disposizioni di contrasto messe in atto dalle autorità pubbliche nazionali e locali nel particolare target degli adolescenti[1].Quattro le aree tematiche indagate attraverso un breve questionario on-line: l’ambito della preoccupazione e del timore, l’ambito dell’informazione, l’ambito delle disposizioni al contrasto, l’ambito delle ricadute sulla quotidianità. L’analisi, oltre alle consuete variabili socio-anagrafiche quali età, sesso e localizzazione geografica, ha utilizzato un indice temporale (finalizzato a capire come cambiassero le valutazioni nel corso della rilevazione in concomitanza con l’aumentare della diffusione del virus) e un indice di gravità (riaccorpando le regioni di residenza in rapporto al livello del tasso di contagio).
I risultati possono essere così sintetizzati:
Preoccupazione e timori. “Abbastanza” preoccupati ma non troppo, un terzo “poco” o “per nulla”. In tal senso si ribadisce la tendenza adolescenziale – più maschile che femminile – ad una certa apparente sottovalutazione del pericolo. Sotto questo aspetto si dicono meno in ansia dei loro genitori. Avvicinandosi alla maggiore età, l’apprensione aumenta e giovani si dimostrano più realisti condividendo maggiormente gli stessi timori degli adulti di famiglia. Due appaiono le tendenze interessanti. La prima è che il livello di preoccupazione registrato dopo i primi quattro giorni di rilevazione si innalza significativamente (dal quarto all’ottavo giorno), ma poi rimane costante. Dopo un iniziale comprensibile incremento (che ha coinciso in gran parte con l’entrata in vigore delle restrizioni su tutto il territorio nazionale), la nuova situazione viene metabolizzata rientrando in una sorta di “normalità”. Il secondo risultato interessante è che la preoccupazione espressa dagli adolescenti residenti nelle regioni del centro-sud, meno coinvolte nella diffusione del fenomeno, è doppia rispetto a quella dei loro coetanei delle regioni settentrionali. Questo dato probabilmente dipende dal fatto che mentre al nord l’emergenza si stava già vivendo in pieno, nel resto del paese, molto meno toccato dall’epidemia, l’incognita per un futuro indeterminato ha generato un timore maggiore. In altre parole le reazioni individuali e collettive al Coronavirus possono essere spiegate con la paura dell’ignoto. La rappresentazione di un pericolo sconosciuto, di cui non si ha consapevolezza ma che viene visto come probabilmente imminente, scatena una reazione emotiva superiore rispetto a chi ha la possibilità, o anche solo l’illusione, di controllare meglio una situazione avversa per il semplice fatto di esserne a contatto diretto. Anche se poi tutti son d’accordo nel sostenere che l’emergenza si prolungherà per mesi.
Informazione. Rimane pressoché invariato, durante la tempistica della rilevazione, il giudizio sull’informazione veicolata dai mass media considerata da una maggioranza relativa dei rispondenti “corretta ed adeguata” ma anche, da due consistenti minoranze, “troppo allarmistica” (un terzo) “reticente per non spaventare” (un quinto). Larga sfiducia, invece, nei confronti dell’informazione proveniente dai social per la sua imprecisione, quando non per la sua totale inaffidabilità. Rimane comunque molto alto il livello di discussione in famiglia (i quattro quinti dei giovani ne parla spesso con i genitori), medio quello con gli amici (la metà ne parla spesso) e basso quello con gli insegnanti (meno di un quarto). Tuttavia, mentre nel caso dei genitori e degli insegnanti tale livello rimane costante nel tempo, la discussione con gli amici si abbassa notevolmente, quasi dimezzandosi, passando dai primi giorni di rilevazione (9-12 marzo) agli ultimi (17-20 marzo) come dire che l’interesse dell’argomento nelle discussioni tra coetanei si riduce e lascia spazio ad altro. Anche questo è un segnale della grande capacità di metabolizzare gli eventi, pur drammatici, mostrata dagli adolescenti.
Disposizioni delle autorità pubbliche. Altissimo è il consenso per le disposizioni di prevenzione e contrasto alla malattia ed aumenta, per quanto possibile, anche nel tempo diventando quasi unanime (supera il 93%). Allo stesso modo, dopo una iniziale incertezza nei primi giorni di rilevazione, una stragrande maggioranza (79%) afferma di rispettare “sempre” le disposizioni e solo una minoranza, pari ad un quinto, afferma di rispettarle ma con qualche deroga trasgressiva.
Quotidianità. Adolescenti “resilienti” che si ricostruiscono, senza grossi drammi, le abitudini e la rete sociale anche stando a casa. Questo è quanto emerge dall’ultimo ambito indagato, quello delle ricadute sulla quotidianità e sulla relazionalità causate dalle disposizioni delle autorità e dalla conseguente restrizione della libertà individuale. Grande aiuto, ovviamente, arriva sia dalla scuola che si è organizzata per far proseguire le lezioni on line sia dalle piattaforme social. L’importanza dell’aver fatto proseguire l’attività scolastica on line va al di là di quanto potrà risultare didatticamente efficace, ma è legata alla funzione sociale che la scuola svolge per gli adolescenti. Inoltre, essere riusciti, proprio attraverso questo espediente, a ricostruire una sorta di “agenda” quotidiana, sta certamente aiutando l’equilibrio complessivo dei ragazzi. “Non è tutto come prima”, affermano gli adolescenti, “ci incontriamo di meno” ma “comunichiamo di più attraverso i social”. Meno messaggi scritti o vocali, ma tantissime videochiamate, per recuperare, finalmente, il piacere del dialogo e, soprattutto, per continuare a vedersi. A soffrire di più della situazione sembrano essere i maschi. Oltre un quarto del campione maschile lamenta di aver contratto le proprie relazioni sociali con gli amici, mentre ad affermare la stessa cosa è meno di un quinto delle ragazze. Conseguenza ovvia per il fatto che, a quell’età, la socialità maschile si è sempre sviluppata maggiormente “outdoor” rispetto a quella femminile.
Conclusioni
La ricerca ha messo in luce il notevole, apprezzabile – e certamente non scontato – equilibrio emotivo delle nuove generazioni di fronte ad un fenomeno improvviso, imprevedibile ed in grado di mettere a repentaglio la stessa vita.
Pur comprendendo la gravità del fenomeno e adattandosi di buon grado a tutte le precauzioni necessarie, gli adolescenti sembrano comunque esprimere una buona capacità di vivere situazioni di insicurezza e di affrontare condizioni sfavorevoli ed avverse ricercando condizioni di nuova normalità e trovando soluzioni alternative di vita quotidiana.
Una “spiegazione” del fenomeno possiamo probabilmente ricercarla nel fatto che questa nuova generazione, molto più di quelle precedenti, è sottoposta precocemente allo stress della precarietà esistenziale e dell’incertezza del futuro. Questo li porta, molto più degli adulti, ad adattarsi agli incessanti e rapidissimi ritmi con i quali la nostra quotidianità si trasforma.
Potremmo quindi ipotizzare che, proprio grazie a questa sorta di “vaccino” gli adolescenti e i giovani adulti si stiano dimostrando in qualche modo più adeguati dei loro “padri” a rispondere anche a questo nuovo evento che è apparso improvvisamente nella vita di tutti noi.
**Università degli studi di Trento e Istituto IARD
[1] La ricerca è stata condotta da Laboratorio Adolescenza, in collaborazione con l’Istituto IARD, nei 12 giorni tra il 9 e il 20 marzo 2020 attraverso una web survey indirizzata ad un campione non probabilistico “a cascata” di giovani italiani raggiunti tramite un link diffuso spontaneamente da chat e da gruppi informali giovanili. Essendo le risposte indotte da processi autoselettivi, l’indagine non può essere considerata rappresentativa dal punto di vista statistico. Lo dimostrano le caratteristiche socio-anagrafiche dei rispondenti che risultano non proporzionali all’universo: ad esempio le ragazze (61,6%) sono molto più numerose dei maschi (38,4%), oppure i giovani lombardi (43,8%) sono nettamente prevalenti rispetto a quelli residenti nelle altre regioni. Tuttavia i risultati, considerando anche il numero dei rispondenti (3185 soggetti), misurano certamente delle tendenze, fornendo importanti indicazioni su come il fenomeno del Coronovirus sia vissuto dai giovani italiani in età adolescenziale (il 93,3% delle risposte proviene da giovani con meno di 20 anni). Si ringrazia per la collaborazione prestata Riccardo Senatore, studente del Liceo Marconi di Milano, e i tanti insegnanti e dirigenti scolastici con i quali Laboratorio Adolescenza è in contatto per la propria attività di ricerca.