Giovedì 1 e venerdì 2 dicembre si è svolta a Cremona, presso l’auditorium della Camera di Commercio, la seconda edizione del Youngle Context, organizzato da ASST (Azienda Socio-Sanitaria Territoriale di Cremona) e ATS (Azienda di Tutela della Salute della Val Padana). Quest’anno si è affrontato il tema del passaggio dei giovani dalla scuola al mondo del lavoro in una prospettiva di relazioni e virtualità. Durante la mattinata i relatori hanno sottolineato l’importanza delle SOFT SKILLS, ovvero le competenze maturate in molteplici contesti sia formali che informali che danno origine a un sapere ma di fondamentale importanza nel transito dal mondo della scuola a quello del lavoro. Non basta più il 110 e Lode per trovare un’occupazione, ci vogliono anche altre abilità che si possono acquisire non necessariamente in un contesto scolastico.
La prima fase del convengo ha visto il saluto e il ringraziamento di politici e imprenditori locali a partire dal Vice sindaco Maura Ruggeri, il Capo di Gabinetto Beaumont Bortone in rappresentanza della Prefettura di Cremona e Marco Soldi Presidente del Rotary Club di Cremona.
Dopo questa prima fase introduttiva ha preso la parola Maria Cinque, professore associato di Didattica e Pedagogia speciale presso il Dipartimento di Scienze Umane dell’Università LUMSA di Roma, che ha avviato il discorso sulle soft skills mediante un’analisi comparativa dello stato d’arte tra Europa e Stati Uniti.
Alcuni dati: In USA nel 2011, 600.000 posti di lavoro erano vacanti per mancanza di soft skills e una ricerca di Bloomberg del 2015 conferma il dato e sottolinea quanto anche studenti MBA siano carenti di queste abilità trasversali. Per quanto riguarda l’Europa, uno studio di McKinsey, ci dice che Grecia e Italia, diversamente dalla Germania, mancano di soft skills a causa mancanza di comunicazione tra scuola e lavoro e questo è dovuto principalmente ad una forma di disallineamento educativo. E infine, James Hechman, Nobel per l’economia nel 2000, sostiene che le soft skills si devono apprendere sin da piccoli e si coltivano durante tutto il corso della vita. Ma cosa sono esattamente le soft skills? Secondo la definizione dell’OMS le “Life skills” sono le competenze quali decision making, problem solving e creative thinking; un modello creato da un istituto americano le definisce “Future work skills” con cui intende sia le soft skills tradizionali che le digital skills ovvero la capacità di relazionarsi online. Il termine soft skills è di matrice sociologica e indica quelle competenze trasversali complementari alle hard skills; esse si costituiscono di un mix di disposizioni quali la capacità di affrontare il fallimento, accettare l’errore e la capacità di rialzarsi dopo una caduta, sono attitudini e pratiche che si apprendono sul campo, sono trasferibili in diversi contesti e sono coltivabili durante il corso della vita.
Il secondo intervento ha visto partecipe Alessandra Colonna, Managing Founding Partner di Bridge Partners, prima e unica società italiana specializzata sul tema della consulenza e formazione nel campo della negoziazione e della comunicazione.
Se Steve Jobs, Mark Zuckerberg e Bill Gates non si sono laureati ma hanno avuto la notorietà che conosciamo è forse perché in loro erano più forti le soft skills delle hard skills anche se presumibilmente essi non ne erano nemmeno consapevoli. Tradotta letteralmente “hard skill” significa abilità dura, indispensabile e “soft skill” abilità debole, accessoria, ma in realtà coglierne il significato non è così semplice: Hard è il sapere derivante dalla conoscenza scolastica, soft è il modo in cui noi applichiamo le conoscenze tecniche, è la capacità di saper ascoltare e capire il bisogno di chi abbiamo di fronte; professionalità non deriva solo da sapere, ma anche dal saper fare. Tali capacità, sottolinea Colonna, possono essere insegnate, si può infatti imparare a saper comunicare nel modo corretto come si può apprendere che la “tenacia realizzativa” è un requisito che va oltre l’essere determinato nel conseguire un obiettivo. Il problema più grande è la decodifica delle capacità relazionali, le soft skills non sono infatti così facilmente riconoscibili a primo impatto come può essere un test di valutazione delle hard skills. Secondo la relatrice, che viene da un esperienza pluriennale nel mondo dell’imprenditorialità vinicola, un grave ostacolo per le aziende, anche quelle di medio-alto livello, è che non investono sulla formazione e ancor meno nella formazione delle soft skills che sono quelle che fanno una forte differenza in termini di risultati che l’azienda può raggiungere. La grandiosità di un’azienda la fanno le persone che ci lavorano al suo interno ed è grazie alle hard e soft skills delle persone a permettere un buon posizionamento dell’azienda in questione sul mercato di riferimento. Avere persone complete aumenta la competenza e la produttività di un’azienda. Un limite è dato dalle scuole che oggi non insegnano questo tipo di abilità e sono ancora molto arretrate dal punto di vista culturale e organizzativo rispetto al Nord Europa, all’America e all’Oceania. Oggi le scuole italiane non insegnano ad accettare l’errore e il fallimento e la scuola è strutturalmente arretrata e impostata su un monologo, non esiste infatti dialogo tra studenti e nemmeno tra insegnanti e studenti. Il verbo che si dovrebbe usare per le hard skills è proprio insegnare, ma le soft skills non si insegnano, si allenano e ciò significa oltrepassare il problema della decodifica, bisogna renderle misurabili, il che non è sempre semplice, ma possibile.
La parola è passata poi a Diego Boerchi, Psicologo e professore aggregato di Psicologia dell’orientamento e sviluppo di carriera e di Life design, career counseling e benessere lavorativo presso l’Università Cattolica di Milano. Qual è il ruolo delle soft skills nella carriera? Quali sono le caratteristiche che un buon lavoratore dovrebbe disporre per inserirsi con successo nel mondo del lavoro? Nonostante la presenza di caratteristiche oggettive, quali il fatto che il datore di lavoro ricerchi una figura junior piuttosto che con esperienza o il genere, le condizioni di salute, il luogo di residenza, ci sono alcuni tratti di cui il buon lavoratore dovrebbe disporre per avere maggior possibilità lavorative. Sicuramente la professionalità che deriva, secondo Boerchi, da una serie di competenze tecniche di base trasversali quali la motivazione personale e la percezione di ruolo. Altro elemento importante è la flessibilità intesa come ricerca continua di opportunità di lavoro, al non cristallizzazione su una professione ma anche flessibilità oraria, geografica, contrattuale. Boerchi sottolinea anche il ruolo chiave delle career man skills, ovvero quelle competenze che danno la possibilità di affrontare e sfruttare al meglio anche quei periodi di transizione, come la disoccupazione, in cui un soggetto dovrebbe sviluppare quelle competenze personali per un miglior approfondimento della conoscenza di sé stessi. È proprio sul tema dell’approfondimento delle conoscenze individuali che lo psicologo inizia a parlare del mondo della scuola e di quanto sia importante aiutare i ragazzi a capire meglio le proprie competenze, dove riescono meglio, fare loro i complimenti nel raggiungimento degli obiettivi e strutturare delle relazioni di alternanza scuola-lavoro che possa dare loro la possibilità di sperimentarsi attraverso percorsi di effettiva esperienza lavorativa e sviluppare competenze tecniche. In questo modo i ragazzi avranno la possibilità di sperimentare ambiti diversi, crearsi un’idea, sviluppare l’autoefficacia senza mai dimenticarsi di avere un progetto, un sogno da perseguire o almeno da provare a perseguire nonostante le difficoltà della situazione economica attuale.
Il convegno si è concluso con l’intervento di Maria Carmen Russo, Responsabile del Servizio Informagiovani del Comune di Cremona che ha sottolineato l’importanza del lavoro svolto dall’Informagiovani nel supportare progetti di orientamento scolastico e di formazione per sostenere le competenze dei giovani e di progetti professionali indirizzati ai lavoratori. In particolare l’Informagiovani ha l’obiettivo di creare una serie di attività e di incontri di gruppo che diano attenzione al ruolo delle soft skills e lo fa mediante azioni indirizzate ai docenti, alle famiglie e agli studenti a partire dalla scuola materna perché le competenze trasversali devono essere coltivate dall’infanzia secondo il motto che “Per credere e investire nel futuro dobbiamo essere in grado di dare ai nostri ragazzi ali leggere, forti e colorate”.
Per scaricare il programma completo: Youngle Context Cremona 2016